Dietro il successo o le disgrazie di Twitter e dei social media in genere non c’è la politica, ma gli inserzionisti.
In pratica, a dettare le politiche dei social media non è la libertà di pensiero ma la dittatura del consumismo che tutto sommato è diventata il vero padrone delle condivisioni e per questo a prendere piede è verosimile che siano gli influencer della realtà addomesticata, più che virtuale. E su queste ragioni c’è poco da dibattere: è tutto solo meccanicistico, e quindi non è colpa di nessuno, se non del gregge del consumo stesso. La legge non è quella della “libera espressione“, quanto quella del “libero mercato“.
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