Nella notte tra il 13 e il 14 marzo 1963, a Bologna, la 38enne Ombretta Galeffi viene trovata morta all’interno del proprio appartamento. A provocare il decesso, una dose di veleno iniettata nel corpo: si tratta del curaro, la sostanza che farà ricordare il delitto come “il giallo del curaro”, per l’appunto. Unico indiziato è il marito della donna, Carlo Nigrisoli, rampollo di una delle famiglie più rispettabili della città. Il caso suscita immediatamente un grande clamore, dividendo l’opinione pubblica che presto si schiera tra “colpevolisti” e “innocentisti”.
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