La rivista scientifica Lancet ha raccolto una rassegna di studi condotti in situazioni di quarantena come quelle legate all'epidemia di SARS e ha individuato aspetti psicologici comuni in queste esperienze. Qui ci si domanda quali siano le analogie, non solo con chi vive la quarantena reale in tempi di COVID-19 o #coronavirus, ma soprattutto di tutti noi che, questa volta in maniera conclamata e condivisa abbiamo riconosciuto questa condizione come quella normale che ci appartiene almeno da quando le procedure hanno avuto il sopravvento sui fatti, sulle azioni e sugli oggetti. Questa esperienza è diventata esponenziale non solo con il contributo dell'informatica, ma soprattutto con i costrutti mediatici e comunicativi come i diversi "non-luoghi" (Marc Augé) vissuti per rappresentazione (uno per tutti, Il Grande Fratello) e in situazione di assenza o presenza parziale (ad esempio, i grandi Centri Commerciali). Dopo l'affermazione, tanto più vera perché scollegata con i nostri riscontri quotidiani, della quarantena forzata dalla paura (e non dal rischio reale) del virus questa situazione con ogni probabilità cambierà la nostra visione del mondo. Anche noi però possiamo farlo e questa grande esercitazione di malleabilità del reale potrà essere istruttiva per consentirci di condizionare a nostra volta le cose in base a ciò che pensiamo possa essere più auspicabile invece che obbligato.
Tratto dal podcast "Pensiero, anima, libertà"
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