Marco 12, 35-44; Maurizio Tiezzi, Fondazione Cantonuovo, Siena, 24.1.2018, www.cantonuovo.org
I religiosi del tempo di Yeshua erano persone socialmente influenti. Il Messia era considerato un corpo estraneo che minacciava la stabilità del sistema che permetteva loro di mantenere potere e denaro. Come inquisitori, a turno si facevano avanti in gruppi distinti per fazioni, ma al contempo uniti nello scopo di toglierlo di mezzo perché scomodo e ingestibile.
La modalità del culto, le alleanza politiche, la dottrina religiosa e l’interpretazione delle Scritture erano i campi dei loro attacchi. Ma Yeshua, rintuzzato ogni assalto, ebbe l’ultima parola e li riportò a ciò che contava: l’identità del Messia, la sua persona, il suo incarico. Come se ancora dicesse loro che scrutano le scritture per avere la vita, ma non vogliono venire a lui per averla.
Colui che essi avevano sfidato non era soltanto l’uomo che poco prima la folla aveva accolto come il re promesso e discendente di Davide. Costui era anche il Signore di Davide; era ‘Adonai’ che si era fatto uomo per ristabilire il suo regno sulla terra, venuto come re e sacerdote secondo l’ordine di Melchisedec.
Yeshua si rivolse quindi ai suoi discepoli per insegnare loro che conta anche l’affidamento totale ad ‘Adonai’, come mostrava la vedova che aveva offerto tutto quello che aveva.
Anche oggi la religione cerca di togliere di mezzo chi ha la Vita e può diventare scomodo per il sistema perché completamente affidato a Dio: con la loro arguzia, la loro ipocrisia e anche la loro conoscenza biblica fanno a pezzi a colpi di dottrina, setacciano con le scritture, misurano con la politica e scomunicano dai loro templi.
Ancora oggi, la storia si ripete. La religione mette sotto processo ‘Adonai’ e chi gli appartiene. Noi andiamo al Messia per avere la Vita e ci affidiamo a Dio: la scena di questo mondo passa, ma la Sua Parola resta in eterno!
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